«Solo nell’umano possiamo incontrare Dio». Laurea honoris causa al teologo Castillo - Monastero del Bene Comune

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sabato 9 luglio 2011

«Solo nell’umano possiamo incontrare Dio». Laurea honoris causa al teologo Castillo

A dx il teologo José Maria Castillo 
DOC-2358. GRANADA-ADISTA. Un uomo per cui valgono le parole di don Chisciotte, «quando afferma che per la libertà, come per l’onore, si può e si deve mettere in gioco la vita»: è con queste parole che, il 13 maggio scorso, il docente di filosofia Juan Francisco García Casanova ha presentato il teologo spagnolo José María Castillo, insignito dall’Università di Granada della laurea honoris causa. Dopo un secolo e mezzo di assenza della teologia e dello studio della religione dall’università pubblica spagnola, Castillo è stato il primo teologo a ricevere questo onore dall’Università di Granada: prima di lui, ma in un’altra università statale, la Uned (Università Nazionale di Educazione a Distanza), era toccato solo, il 27 gennaio scorso, ad Hans Küng. Un riconoscimento che, come ha sottolineato il teologo José Antonio Estrada, non è piaciuto affatto ai settori più tradizionali della Chiesa spagnola, essendo note le posizioni critiche rispetto alla gerarchia assunte da Castillo, già privato nel 1988 dell’insegnamento alla Facoltà Teologica dei gesuiti di Granada (v. Adista n. 55/88) e uscito nel 2007 dalla Compagnia di Gesù perché, ha affermato allora, «se si è intrappolati, controllati, censurati in una istituzione dominata dalla Curia Vaticana, non si può godere della libertà indispensabile per far conoscere Gesù» (v. Adista n. 43/07). Fedele alla sua ricerca di un «Dio umanizzato in Gesù e incarnato in tutto ciò che è umano, specialmente nei più deboli, negli impoveriti e negli ultimi della società», come hanno scritto in uno dei tanti messaggi di felicitazione giunti al teologo le Comunidades Cristianas Populares de Andalucía, Castillo ha dedicato proprio al tema dell’«umanità di Dio» il suo discorso di investitura.
Secondo il teologo, malgrado la contraddizione razionale legata al problema di Dio, che, in quanto Trascendente, è concettualmente irraggiungibile, al tempo stesso «“totalmente altro” e ugualmente “non altro”», il contributo della tradizione cristiana è proprio quello di indicare come «criterio per pensare a Dio e per parlare di Dio» il modo di vita di quell’essere umano che è stato Gesù di Nazareth: è in lui infatti che «Dio si è rivelato, si è fatto conoscere, ha comunicato e si è donato a noi», è in lui che «Dio è entrato nella nostra immanenza e si è unito alla condizione umana». Il che significa che è solo nell’umano, nella realtà e nell’esperienza umana, che possiamo incontrare Dio, «nella misura in cui questa realtà e questa esperienza superano l’inumano che c’è in noi», combattendo la «disumanizzazione che tanto danneggia la convivenza sociale e indebolisce o deteriora il tessuto sociale».
Tratto da Adista Documenti n.47 del 18 giugno


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